Il medico Hans Selye fu il primo, intorno agli anni 30, a parlare di stress. Egli definì lo stress come ‘una risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso’. Ad oggi lo stress è definito come uno stato, una risposta dell’organismo che consegue ad eventi (stressor) fisici, psicologici, emotivi e sociali che sono considerati eccessivi dall’individuo. Possiamo dunque parlare di stress attraverso una chiave di lettura soggettiva per cui eventi o compiti stressanti per alcuni possono non esserlo per altri. In particolare ci sono diversi eventi con connotazioni positive e negative che possono portare la generazione dello stress. Ad esempio, pensiamo alla perdita del lavoro, all’organizzazione del matrimonio o alla nascita di un figlio, queste tre eventi con attribuzioni emozionali differenti possono generare stress. Possiamo raggruppare le cause che generano lo stress in diverse categorie tra cui: il lavoro, la famiglia, la casa, i problemi personali ed i fattori ambientali e fisici.
Selye distinse lo stress acuto, ovvero uno stress circoscritto nel tempo, dallo stress cronico che invece risulta essere più pervasivo e duraturo. Quando l’individuo cerca di fronteggiare tali situazioni per ritornare ad un equilibrio mette in atto 3 risposte che Selye definì all’interno della condizione chiamata: sindrome di adattamento generale (GAS) o sindrome di Selye.
Le tre fasi fondamentali del meccanismo di risposta allo stress stilato da Selye sono:
- la reazione di allarme
- la fase di resistenza
- la fase di esaurimento
La reazione di allarme è la pima fase di risposta e si attiva quando l’individuo è esposto ad un agente stressante. L’organismo, dapprima preso alla sprovvista, in questo stadio si prepara ad una risposta attivando il sistema nervoso simpatico e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). L’attivazione del Sistema nervoso Simpatico e dell’ipotalamo permettono la secrezione di cortisolo, adrenalina e noradrenalina, la produzione di antidolorifici naturali del corpo che innalzando la soglia del dolore, l’inibizione del funzionamento dell’apparato digerente e stimolazione dei sistemi vascolare, muscolare liscio e ghiandolare. Tale attivazione permette all’individuo di fronteggiare gli stressor con una reazione di attacco o fuga.
La fase di resistenza è la seconda fase nel quale l’organismo tenta di resistere e fronteggiare il cambiamento degli stressor mantenendo l’omeostasi. In questa fase, in seguito ad esposizione prolungata, il nostro organismo si adegua alle nuove circostanze e cerca di resistere finché la minaccia non scompare. Ovviamente la durata di resistenza è soggettiva e dipende delle capacità individuale di difesa e dall’ esposizione all’evento stressante.
La terza fase è la fase di esaurimento, ovvero, lo stadio in cui gli individui cadono vittime dell’esaurimento nel contrastare il fattore di stress. Tale fase si verifica quando l’individuo è stato esposto a lungo allo stressor e all’organismo esaurisce le risorse utili a fronteggiare l’agente stressogeno non risultando più essere capace ad adattarsi al cambiamento.
Oltre a queste tre fasi Selye, individua tre elementi fondamentali che interagiscono tra loro nell’emissione della risposta adattiva: gli stressor, l’individuo e l’ambiente. Gli stressor, come abbiamo visto sopra, possono essere diversi e si caratterizzano per intensità, frequenza, durata, novità, prevedibilità, ed evitabilità. L’individuo che è il risultato del patrimonio genetico (età, sesso ecc.) è il destinatario su cui agisce lo stressor ad infine l’ambiente interno o esterno può essere considerato l’origine degli stressor.
Fino ad ora abbiamo parlato di stress con una connotazione negativa ma, anche se molto spesso viene considerato a valenza negativa, lo stress può essere anche a valenza positiva, infatti parliamo di eustress, ovvero, stress buono e di distress ovvero stress cattivo. L’eustress è un tipo di stress positivo che produce diversi effetti tra cui migliora le capacità di risposta adattiva, favorisce l’apprendimento e la memoria, aiuta alla risoluzione creativa di problemi, incrementa l’autoefficacia e l’autostima attraverso l’aumento delle abilità di decisione e motivazione. Al contrario, il distress è considerato un tipo di stress negativo, che si verifica quando l’evento stressogeno è intenso e duraturo, provoca effetti indesiderabili tra cui l’eccessiva vulnerabilità, una diminuzione della performance, perdita di concentrazione e motivazione e difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Ma quali sono i sintomi dello stress? Come detto precedentemente, essendo una condizione soggettiva i sintomi che gli individui esperiscono possono essere diversi. Possiamo però categorizzare i sintomi dello stress in diversi gruppi: i sintomi fisici (cefalea, tensione muscolare, spossatezza, aumento o riduzione dell’appetito e difficoltà a dormire, ecc.), i sintomi emotivi (tristezza, ansia, irritabilità e frustrazione ecc.), i sintomi cognitivi (difficoltà di concentrazione e presa di decisione ecc.), i sintomi comportamentali (anedonia, pianto, abulia, prediligere situazioni solitarie, essere sgarbati ecc.).
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