La motivazione politica e l’obiettivo di cura da raggiungere è ciò che ci ha permesso di lasciare andare frustrazione e rassegnazione per proseguire con fermezza, schierati sempre dalla parte della libera informazione e della giustizia. Durante i periodi di difficoltà i soci e psicoterapeuti di Libera, associazione antimafia, sono riusciti a trasmetterci un po’ di sana leggerezza, oltre che a suggerisci movimenti intelligenti di comunicazione tra Enti e controlli incrociati. Non è stato facile coordinare tutti gli attori coinvolti, oltre allo spostamento della famiglia curda, che spesso si trovava in condizioni di disagio, sia fisico che emotivo, per lo stress accumulato.

Dopo l’acquisto dei biglietti, Omer e la sua mamma si sono recati, in Aeroporto, ma per ben due volte ci sono stati ulteriori problemi: abbiamo visto crollare la speranza e tutto ciò che insieme avevamo costruito, quando hanno manifestando la loro volontà di tornare nel loro luogo sicuro, al campo Makmour, dal papà. La frustrazione e tristezza di un bambino occidentale che piange per l’ennesimo regalo di Natale è molto diversa dalla sofferenza di un bambino curdo, bisognoso di cure, che sale su un aereo e si vede portar via il suo biglietto aereo salvavita, dai controlli interni della Shaizz, mentre pronunciano qualcosa di incomprensibile per lui, ma chiaro nel suo comportamento. La fiducia, per la popolazione curda è molto difficile da guadagnare, molto facile da perdere: “BANE’” si continuava a sospettare, che in lingua curda significa “scuse” per non farlo partire. Addirittura la Polizia di Frontiera Italiana ha sospettato casi di ostruzionismo governativo, considerato che tutta la documentazione era legale, pulita, onesta evidenziando il non essere scesi mai a patti con la criminalità organizzata e la corruzione per i falsi passaporti.

Dopo lunghi mesi e una lunga notte in aeroporto, il piccolo Omer e la sua mamma la notte del 30 novembre 2021 sono saliti a bordo. La gratificazione percepita dalla sua fotografia sorridente, a bordo, è impagabile in alcuna altra forma: qui Omer è libero di esprimere la sua opinione, di parlare la sua lingua, senza nascondersi, senza il bisogno di pronunciarla sottovoce ed è libero di curarsi. Il papà, dal campo Makmour, emozionato per il suo arrivo e la mamma, accompagnatrice fedele, sono stati coraggiosi, resistenti e di grande sostegno.

Non deve essere facile alzarsi ogni giorno, a 10 anni, in un campo profughi e sperare che qualcuno/a dall’Italia dedichi il suo tempo per la salvaguardia della propria vita; più volte in questi mesi, c’è stato modo di riflettere su quanto noi italiani possiamo permetterci di stare bene, affidandoci al nostro sistema sanitario nazionale o a professionisti privati, mentre per persone come i curdi nel campo Makmour, non ci sono opportunità di ragionare in questi termini.

Abbiamo deciso di condividere e pubblicare la situazione di Omer, per portare riflessione critica per tutte quelle persone che non apprezzano o danno per scontate le nostre cure italiane, mentre ci sono persone che sperano anche solo di ricevere un messaggio di rassicurazione o di speranza per la propria vita o di quella dei propri figli, da parte nostra.

Benvenuto in Italia, Omer, Repubblica democratica, dove siamo pronti ad accoglierti e curarti.

Viva la libertà, di opinione politica, senza distinzione di lingua.