La fine di una relazione è per chiunque un momento difficile da digerire. Che siamo noi a lasciare o che veniamo lasciati, non è solo la fine di un rapporto a fare male, ma la perdita di tanti piccoli gesti quotidiani e routinari che creano in ciascuno di noi la sensazione di perdere la terra sotto i piedi.
Ovviamente ogni storia è differente e coinvolge in maniera più o meno forte la vita di ogni persona, ma la perdita delle piccole cose che sembrano banali (un messaggio di buongiorno al mattino, svegliarsi e trovare l’altro sul letto accanto a sé, uscire da lavoro e fare quella telefonata), destabilizza non poco.
La nostra identità dipende da molteplici fattori, uno dei quali è il ruolo che ricopriamo nelle varie circostanze di vita: nel ricoprire il ruolo di genitore, capitano di una squadra, dipendente di un’azienda, la stessa persona si comporterà in modi diversi.
Ecco quindi che perdendo il ruolo di partner anche l’identità di una persona viene in qualche modo compromessa.
Certo, la prevenzione è sempre la chiave: se oltre alla mia relazione io ho diversi interessi, hobby, passioni, amici, avrò tanti altri ruoli su cui fare affidamento e la rottura sarà più sopportabile. Se invece vivo per il/la partner e non ho nessun altro interesse, la perdita della relazione mi lancerà nel vuoto.
È normale, sopratutto se si viene lasciati, sentirsi falliti, inutili, pensare che non si troverà mai un’altra persona che ci amerà, che si sono sprecati anni a stare con qualcuno che alla fine ci abbandona, essere sfiduciati verso il futuro, non spiegarsi il perché di questa fine.
Il nostro cervello elabora la perdita della relazione come un dolore fisico e un vero e proprio lutto. Perdiamo tutti i significati della nostra vita che erano associati alla persona e di conseguenza ci sembra che sia la vita stessa a perdere di significato.