La violenza contro le donne è stato percepito per lungo tempo come una sorta di affare privato lontano anni luce dal reato contro la persona. Nonostante le rappresentazioni reali prendono piede giorno dopo giorno molte percezioni devono ancora cambiare. Tuttora esistono convinzioni radicate che vedono la donna subordinata all’uomo, intesa come soggetto-oggetto totalmente dipendente.
I comportamenti violenti vengono spesso giustificati alla natura dell’uomo. Ma quando si tollera una relazione tra sessi dove persiste una forma di potere allora risulta difficile il riconoscimento e l’ammissione della violenza. Un passo centrale di prevenzione è determinato da una trasformazione a livello socio-culturale che possa evidenziare senza paura il disegno e valorizzare la differenza e la reciprocità dei due ruoli uomo-donna, risaltandone le risorse di ognuno.
Perchè però riconoscere la violenza diventa sintomo di vergogna, e perchè la paura si trasforma in imbarazzo, forma di debolezza da voler nacondere a tutti i costi? Tutte le donne che subiscono provano disagio e ancor peggio si sentono in colpa, si sentono inadeguate e non sanno come reagire, lasciando passare il tempo che trovano.
Mamme e bambini ora più che mai vanno difesi, specie se l’aggressore convive con loro. Bisogna mobilitarsi per dire basta!
In Italia il dramma della violenza di genere si confronta con cifre sempre più esorbitanti e preoccupanti. La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, indetta dall’Onu ogni 25 novembre tenta di sensibilizzare su un fenomeno tutt’altro che sradicato anche nelle società più moderne ed emancipate. Nonostante sia una delle più gravi violazioni dei diritti umani, è ancora molto diffusa. Per comprendere meglio la dinamica del fenomeno bisogna fare un passo indietro. Innanzitutto pensare che si tratta di un problema con radici culturali profonde. L’essere umano tende fin da sempre a sostituire il piacere e l’amore con il desiderio compulsivo di possesso che finisce per degenerare e distruggere ogni forma di sentimento. Non a caso la violenza sulle donne viene perpetrata nelle mura domestiche dal partner o dai familiari.
Un primo passo per sanare la divisione emotiva potrebbe essere informare i giovani anche con attività scolastiche mirate che coinvolgano le famiglie aumentando il confronto tra le donne e diminuendo il senso di esclusione dal processo educativo. Questo aumenterebbe la responsabilità e l’appartenenza della nuova generazione nei confronti del luogo dove crescono e della società in cui agiscono, specie se a contattato con realtà migratorie sempre più espansive. Siamo tutti immersi in una cultura e in un sistema di valori narcisistica, in una dimensione che legittima ogni reazione all’attacco e all’offesa che ciascuno crede di aver subito: ogni reazione violenta a una delusione, abbandono e mancata gratificazione. E’ quindi il sistema culturale che va smontato e decostruito e che riguarda noi tutti, non solo le donne.
© Copyright| Dott.ssa Marisol Settimi