La famiglia, così come la scuola, rientra nel grande insieme che costituisce l’ambiente di sviluppo del bambino e dell’adolescente, per loro sono un punto di riferimento essenziale, un vero e proprio teatro di dinamiche che influiscono sul processo evolutivo. In questo senso, il contesto scolastico non è solo luogo d’istruzione, apprendimento e conoscenza di nuove nozioni ma anche (e soprattutto) scuola di vita, un luogo di legami, di incontro e confronto con gli altri, uno spazio in cui poter acquisire ed affinare innumerevoli competenze relazionali ed individuali: capacità di regolazione delle proprie emozioni, di gestione della frustrazione, di comprensione dell’altro, di empatia, di collaborazione.

Queste competenze, esperite nell’incontro con l’altro, rappresentano le basi su cui ciascuno inizia a forgiare, pian piano, la propria identità personale ed affettività. Si tratta di un processo di costruzione tutt’altro che semplice e lineare. Per conoscersi, spesso, si ha bisogno innanzitutto di riconoscersi in un altro, di sentirsi simile a qualcuno, di appartenere ad un gruppo. L’essere “uguale a” aiuta ad avere dei parametri di riferimento rispetto all’ essere “differente da”. Si tratta di un passaggio naturale che avviene nel momento in cui si stabiliscono delle relazioni.

C’è sempre bisogno di un punto di partenza, di un’origine. È sulla base di questo bisogno di riconoscimento e ricerca di un modello a cui ispirarsi che si creano dei piccoli gruppi, le scelte dei propri compagni, la voglia di passare volentieri il proprio tempo con alcuni piuttosto che con altri.

Durante la crescita si passa da un processo di identificazione della propria identità, a partire da quella di qualcun altro, ad un processo di individuazione come costruzione della propria differenza in rapporto a tutti gli altri. La scuola e la famiglia possono essere di grande aiuto e fondamentale importanza in questo passaggio: possono supportare ciascun bambino e adolescente durante la scoperta dei propri tratti distintivi, di ciò che lo rende diverso dagli altri, di ciò che in altre parole lo rende unico. Ecco perché è importante affrontare e valorizzare il tema della diversità con i bambini e gli adolescenti: abolire una certa omogeneizzazione per favorire e mettere in risalto la naturale diversità di ciascuno, favorisce il processo di individuazione della propria identità. E non solo: il confronto con l’unicità degli altri può arricchire la propria, diventare una risorsa per la propria crescita ed essere in grado di favorire un atteggiamento di accoglienza nei confronti della diversità stessa, in qualunque forma essa si presenti. Dove si può affrontare tutto questo discorso se non soprattutto all’interno della scuola, quale luogo eterogeneo che ha il compito di favorire lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno? Scopo della trattazione di questo tema è quello di far comprendere quanto non esista “il diverso”, ma semplicemente diversi punti di contatto con l’altro. Si è uguali proprio nella misura in cui tutti siamo diversi ed unici. La diversità è un terreno comune che, se reso fertile ed alimentato, può far sbocciare il seme della libertà. Riuscire a far passare questo messaggio, infatti, significa dare la possibilità a ciascuno di sentirsi libero di esprimere sé stesso, lavorare sui propri limiti e sulle proprie potenzialità, avere il coraggio di mostrarsi agli altri in maniera autentica, con la propria storia e le proprie esperienze di vita… in fondo è proprio questo che rende unico ciascuno di noi: per quanto si possano vivere esperienze simili, persino in uno stesso contesto, c’è sempre un modo personale, unico ed irripetibile di viverle, elaborarle e risolverle, così come sono uniche e diverse le emozioni che si sono sperimentate nel vivere quell’esperienza.

Educare alla diversità vuol dire creare i presupposti per lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza e della libertà. Ma perché bisogna educare alla diversità? Perché accogliere chi si considera differente da sé non è un passaggio così naturale? Anzi, perché pare esserci invece un movimento di naturale esclusione nei confronti di chi presenta una qualsiasi forma di diversità? Se si mette in moto un atteggiamento di rifiuto o allontanamento nei confronti di ciò che non si considera “uguale a sé” è perché, non riconoscendolo come un qualcosa che appartiene a sé stessi, si teme. È l’ignoto a creare timore. Ciò che non si conosce, non si comprende. E ciò che non si comprende, spesso, si evita. È necessario, dunque, creare la possibilità di rendere riconoscibile la diversità… degli altri e la propria.

Prendiamo ad esempio il caso in cui si entra in contatto con una disabilità di tipo fisica. La reazione più frequente è quella di disagio. I motivi di tale sensazione possono essere infiniti poiché soggettivi, ma ciò che accomuna potrebbe essere il pensare “per fortuna non è capitato a me!”. Ecco, quel “per fortuna” rende conto del perché spesso si gira lo sguardo dall’altro lato: sarebbe potuto capitare.

Questa probabilità crea inconsapevolmente delle distanze, si tratta di un rischio, di una sorte che la vita ha riservato ad alcuni piuttosto che ad altri… ma perché? Risposta impossibile da ottenere, quindi per molti è meglio non chiederselo affatto. Farsi domande di questo tipo, non girare lo sguardo altrove e creare una vicinanza vorrebbe dire mettersi profondamente in discussione, avere il coraggio di guardare con uno sguardo del tutto nuovo la realtà che ci circonda e che si sta cercando di costruire.

Lavoro difficile, ma non impossibile. È questo che potrebbe essere insegnato: comprendere la storia di una persona diversa da sé, riconoscersi in quella storia anche semplicemente per un dettaglio, getta le basi per una vicinanza, può far intraprendere questo lavoro difficile ma possibile che porta ad una maggiore maturità e consapevolezza personale. Più si diventa consapevoli, e meno impattano le differenze. Una minore consapevolezza significa una maggiore tendenza al pregiudizio e alla divisione. Diventare più consapevoli ci porta non solo a etichettare di meno le persone intorno a noi, ma anche a vedere gli ostacoli come opportunità.

Gestire la diversità richiede dunque impegno, coraggio, pazienza, ma regala la gioia della scoperta, il rischio del confronto e l’audacia del mettersi in discussione.

Per non dimenticare, infine, che compito della scuola e della famiglia è anche quello di creare le condizioni favorevoli alla formazione di una coscienza civile, fornire agli allievi una cornice di riferimento entro la quale essi possano definire il proprio ruolo di cittadini, trasmettere i valori sui quali la democrazia si fonda e attraverso cui possano crescere delle personalità libere… e, come già sottolineato, quando si perde il diritto ad essere diversi, si perde il diritto ad essere liberi.

 

© Copyright|Psicologa | Psicoterapeuta | Dott.ssa Angela Camelio